martedì 9 dicembre 2014

Verso la Software-Defined Enterprise

“L’Information Technology (IT) tradizionale è lenta nel rispondere alle esigenze del business e va ridefinita secondo il modello Software–Defined”, questo è uno dei messaggi chiave del workshop Il Cloud Computing e l’evoluzione verso i Software-Defined Data Center organizzato a Roma da HR Services Formazione il 25 novembre scorso presso l’Auditorium Telecom Italia di Via de’ Francisci.

Il modello Software–Defined denota l’inizio di una nuova era in cui le risorse IT – computazionali e di storage – tradizionalmente legate a specifici apparati o soluzioni, vengono trasformate in software attraverso le tecnologie di virtualizzazione e sono fornite come servizi su apparati hardware svincolati da specifici vendor. In tal modo, le risorse IT alla base dell’esecuzione e del buon funzionamento del business di una Enterprise vengono disaccoppiate dalle risorse fisiche consentendo una serie di vantaggi come semplificazione, automazione, utilizzo on-demand delle risorse, drastica riduzione delle rigidità e dei costi tipici delle soluzioni tradizionali. A livello più generale la dirompenza del modello Software–Defined scardina il modo in cui l’IT tradizionale è stata finora concepita e la fa rinascere, favorendo nuove opportunità oggi impossibili da prevedere. Si pensi, per analogia, a come gli smartphone abbiano creato un ecosistema, assolutamente inimmaginabile fino a pochi anni fa, che sta cambiando le abitudini di miliardi di persone.

 
Il modello Software-Defined si sta concretizzando a livello infrastrutturale nei Software-Defined Data Center che nascono da una visione di VMware, azienda leader a livello mondiale per le tecnologie di virtualizzazione, secondo la quale l’intelligenza e la flessibilità del software, disaccoppiate da un hardware standardizzato, consentono di creare maggior business a valore aggiunto. Il percorso verso i Software–Defined Data Center rappresenta l’evoluzione dell’Infrastructure as a Service (IaaS), introdotta dal Cloud Computing e punta a definire una singola piattaforma abilitante di soluzioni rapide, reattive e fluide grazie non solo alla virtualizzazione delle risorse IT – server e storage – ma anche a quella della rete.


La trasformazione della rete in una risorsa Software-Defined è stata il secondo aspetto maggiormente dibattuto durante il workshop. Da qualche anno nell’ambito del networking è, infatti, in corso una svolta epocale punta a ridefinire la rete tradizionale costituita da apparati di interconnessione hardware (ad es. i router o gli switch). L’approccio tradizionale è fortemente limitato nel fornire la rete on-demand in funzione delle specifiche esigenze dei clienti (si pensi ad es. a una famiglia che invece di andare al cinema decida di vedere un film a casa, attraverso Internet, sulla propria Smart TV) come pure nella gestione delle grandi reti, tipiche dei grossi Provider. La nuova visione separa il piano di spedizione dei pacchetti informativi (i muscoli) dal piano di controllo dove c’è l’intelligenza della rete (il cervello). Viene così definita una gestione centralizzata della rete, per una più efficiente orchestrazione e automazione dei servizi, che provvede a impartire agli apparati fisici le caratteristiche di qualità del servizio (QoS), le policy aziendali, i percorsi di instradamento nonché gli aspetti di sicurezza, di volta in volta richiesti.


A questo modello, riferito con l’acronimo SDN (Software-Defined Networking), si affianca un altro modello di virtualizzazione della rete denominato Network Function Virtualization (NFV), che si focalizza sull’ottimizzazione dei servizi di rete. NFV disaccoppia dagli apparati hardware proprietari le funzioni di rete fornite ad es. dai DNS (Domain Network Service, per la risoluzione dei nomi logici), dai firewall (per aspetti di sicurezza), dai Cache Server (per la bufferizzazione dei dati) e li trasforma in equivalenti funzioni virtuali, realizzate via software. Così facendo la realizzazione di servizi innovativi e il loro provisioning viene fortemente accelerata, in particolar modo nel contesto dei Service Provider, consentendo un’elevata reattività alle esigenze del business. I due modelli, SDN e NFV, non sono alternativi ma si possono integrare creando reti virtuali molto più economiche rispetto a quelle fisiche, ma soprattutto introducono flessibilità, velocità e operatività impossibili con le reti tradizionali.


La nuova visione del modello Software-Defined nel networking e, più in generale, nell’IT di una Enterprise sarà il leitmotiv dei prossimi anni e sarà così dirompente rispetto agli schemi tradizionali che renderà possibile idee di business innovative in tempi molto rapidi e a costi bassi. Affinché ciò diventi realtà, però, la sola componente tecnologica non è sufficiente: occorre opportunamente adattare i processi aziendali, ma soprattutto è necessario avviare un forte cambiamento culturale a tutti i livelli. Per le Enterprise di domani il modello Software-Defined non sarà un’opzione ma una necessità. Per parafrasare Darwin, non il più intelligente o il più forte sopravviverà – le Enterprise ancora legate a schemi organizzativi e tecnologici tradizionali e lenti – ma il più reattivo al cambiamento: le Enterprise “lean” che dalla visione Software-Defined trarranno significativi vantaggi per competere con grande agilità, velocità e flessibilità.

domenica 9 novembre 2014

A proposito di leadership

Venerdì 17 ottobre 2014 è venuto a farci visita a L’Aquila, presso la sede di HR Services, Mario Di Loreto. Ascoltando il Responsabile di People Value di Telecom Italia mi è venuta in mente una citazione di John Quincy Adams, il sesto presidente degli Stati Uniti, in carica dal 1825 al 1829:
If your actions inspire others
to dream more,
learn more,
do more,
and become more,
you are a leader.
Mi sono chiesto Nella nostra azienda, in Telecom Italia, ci sono persone che ci ispirano, ci fanno sognare, ci offrono l’opportunità di apprendere e ci fanno diventare migliori?
(La traduzione è adattata al livello dell’aspettativa: anche senza il “more” potrebbe essere sufficiente).
Ebbene, nel corso della sua conversazione Mario Di Loreto ci ha spronato a sognare di più e a diventare migliori.
Trovandosi in un contesto di formazione, ha evidenziato il prestigio della Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli e ha dato a tutti noi che ci abbiamo lavorato la possibilità di riassaporare i momenti indimenticabili trascorsi con dedita passione in quella che è stata un’eccellenza nella formazione aziendale italiana e che, nonostante il tempo passato e le esperienze trascorse, è una memoria ancora vivida nei cuori dei colleghi Telecom che l’hanno frequentata.
Continuando, Mario Di Loreto, da vero leader, ha decisamente ispirato e coinvolto l’uditorio su diversi argomenti tanto che mi sono fatto una seconda domanda Tutti noi che lavoriamo in Telecom Italia possiamo diventare leader?
Non sono in grado di rispondere, se non limitatamente alla mia personale esperienza aziendale nella quale ho avuto a che fare, a diversi livelli, con colleghi con spiccate doti di leader, come pure con colleghi senza alcuna leadership. Mi accorgo però che dietro alla domanda si cela forse un desiderio, una aspirazione: quella di far parte di un’azienda in cui tutti, a ogni livello, possano porsi come obiettivo il traguardo di diventare leader al fine di renderla più competitiva e soprattutto propositiva.
John Quincy Adams, parlando del leader si sofferma principalmente sulle sue capacità personali: è leader colui che ispira altri e li esorata a sognare di più, a imparare di più, a dare di più, a diventare di più. Io aggiungerei che un leader: ascolta, partecipa, incoraggia, dà fiducia, osa, ammette i propri errori, critica per costruire, apprezza.
Circa un secolo dopo un altro presidente degli Stati Uniti, Franklin D. Roosevelt (in carica dal 1933 al 1945), mette in evidenza la sua capacità di leadership ponendo l’accento sulla relazione fra le persone e aggiunge così un’altra caratteristica fondamentale al profilo del leader:
I'm not the smartest fellow in the world, but I can sure pick smart colleagues.
È evidente quindi che il leader, oltre a possedere specifiche caratteristiche individuali, ha anche una forte capacità di attrarre a sé e di coinvolgere per dirla con Mario Di Loreto, “elimina le distanze fra ciascuno di noi, stabilisce una relazione di prossimità” promuove e sostiene quella che viene chiamata Intelligenza Collettiva, in cui il gruppo, come unico individuo unanime, esalta le specificità dei singoli, abbattendo o minimizzando le barriere gerarchiche e comunicative che, specialmente di grandi aziende, rappresentano una pesante zavorra.

Oggi, è sempre più importante essere un’azienda ben organizzata e orientata verso modelli “cooperativi e lean” che, in contesti di concorrenza selvaggia come quelli che stiamo vivendo, sono in grado di esaltare soprattutto il “Valore” offerto a clienti sempre più esigenti.
L’aver menzionato due citazioni di due presidenti degli Stati Uniti è stata una pura coincidenza, ma certo non è un caso che il presidente del più grande stato democratico del mondo debba essere un leader.